#iorestoacasa… e bevo l’acqua del rubinetto di casa

Purtroppo durante la quarantena nella maggior parte dei comuni della regione sono state chiuse anche le “casette dell’acqua” (di cui abbiamo parlato anche nell’ultimo rapporto regionale sui comuni Ricicloni dell’Umbria), ovvero i distributori di acqua alla spina nei quali tanti cittadini usavano rifornirsi di acqua, e costringendo ora tutti a scegliere se utilizzare l’acqua potabile del rubinetto di casa o l’acqua in bottiglia acquistata al supermercato.

Marco dal circolo Legambiente di Foligno ci spiega in maniera semplice perché è più sostenibile e logico bere l’acqua del rubinetto. Certo a volte in alcune case il calcio e il cloro segnalano in maniera evidente la loro presenza nell’acqua del rubinetto, ma a parte il gusto non proprio gradevole non danno assolutamente nessun effetto negativo alla nostra salute. Al contrario molto spesso l’acqua in bottiglia che compriamo presenta valori di sostanze nocive in quantità superiori rispetto all’acqua del rubinetto perché sottoposte a controlli più blandi.

L’agenda 2030 e gli Obbiettivi di Sviluppo Sostenibile ci ricordano tra l’altro di aumentare sostanzialmente l’efficienza idrica da utilizzare in tutti i settori e di garantire i ritiri e fornitura di acqua dolce per affrontare la scarsità d’acqua e ridurre in modo sostanziale il numero delle persone che soffrono di scarsità d’acqua.

L’Acquachebevo è il sito che mette a disposizione dei cittadini i risultati dei controlli e ogni informazione sulle acque potabili erogate in Umbria.

Dai dati del dossier di Legambiente e Altraeconomia Acqua in bottiglia 2018, emergeva che «sono oltre 8 miliardi le bottiglie
in plastica vendute ogni anno nel nostro Paese», mentre l’Arpal dice che «Gli italiani consumano, primi nel mondo, 206 litri di acqua in bottiglia pro capite l’anno, corrispondenti a 1 milione 165 mila tonnellate equivalenti di CO2 tra produzione e trasporto».

Le bottiglie usa e getta che, se smaltite non correttamente, possono avere un costo elevato per l’ambiente, come dimostra il marine litter (i rifiuti marini), la seconda emergenza ambientale globale dopo i cambiamenti climatici. Oltre a inquinare fiumi e mari l’usa e getta delle bottiglie necessita di grandi quantità di acqua: per produrre un chilo di PET, da cui si ricavano venticinque bottiglie da un litro e mezzo, servono 17 litri d’acqua e due di petrolio. Una filiera insostenibile che, sommando tutti i passaggi di produzione e distribuzione, consuma un’energia circa 2.000 volte superiore a quella necessaria per ottenere la stessa quantità d’acqua da un rubinetto collegato a un acquedotto.

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