Pendolaria 2019: Umbria tra le regioni peggiori nel rapporto di Legambiente

Nella classifica delle 10 linee peggiori, che nel complesso coinvolgono oltre 3 milioni di pendolari, troviamo anche il tratto ferroviario della Terni-Sansepolcro, i cui lavori di ammodernamento sono in ritardo di due anni e nel solo tratto ripristinato si procede a passo di lumaca.

Pendolaria è il rapporto che ogni anno racconta il cambiamento, in termini di quantità e qualità, dei treni in circolazione e di conseguenza degli effetti sulla vita quotidiana dei pendolari di tutta Italia. Perché i disagi per i cittadini sono ancora rilevanti da Sud a Nord: in troppe aree del Paese i treni, anno dopo anno, si riducono; i tempi di percorrenza si allungano, con la conseguenza che sempre più persone abbandonano questa modalità di trasporto perché trovano convogli sempre più affollati, vecchi e con continue cancellazioni. Il risultato è che molti sono così costretti a spostarsi in auto o pullman con evidenti ripercussioni anche sull’inquinamento delle nostre città.  

«La nostra regione aspetta un treno che non arriva mai, quello del rilancio della mobilità su ferro – dichiara Maurizio Zara, presidente di Legambiente Umbria – Dai dati del rapporto emerge infatti come ai continui rincari delle tariffe dei servizi ferroviari (+ 33,5% negli ultimi nove anni) sia corrisposto un taglio degli stessi servizi. L’Umbria è anche tra le regioni con l’età media più alta del materiale rotabile e con i mezzi più vecchi. Il risultato di questa malagestione è che oggi gli umbri sono tra coloro che in Italia passano più tempo in auto e ci percorrono più chilometri, mentre l’Istat ci dice che, in controtendenza con i dati nazionali, da noi aumentano gli incidenti automobilistici, e che abbiamo acquisito negli ultimi anni il triste primato di bambini e studenti accompagnati a scuola in auto, ed anche il primato di lavoratori che vanno al lavoro in auto». 

Tra i danni della chiusura e dei ritardi nel ripristino del traffico ferroviario sulla linea Terni – Sansepolcro c’è anche infatti la diminuzione drastica degli abbonamenti principalmente extraurbani. Una chiusura che è stata gestita con eccessiva superficialità e che molti studenti e pendolari nei territori umbri hanno patito. 

Ad aggravare il quadro per i pendolari ci si mette anche l’aver appreso a settembre scorso che non è più tra gli obiettivi di Rete Ferroviaria Italiana l’ammodernamento dell’intera tratta Orte – Falconara con il raddoppio dei tratti oggi a binario singolo (come quello tra Terni e Spoleto).


«Siamo di fronte all’ecatombe della mobilità pubblica – rincara Gianni Di Mattia, vicepresidente di Legambiente Umbria – e per riportare un pò di logica all’insostenibilità di questo modello servirebbero certamente risorse, ma anche scelte radicali, come quelle a difesa delle decine di migliaia di persone che ogni giorno prendono il treno e i mezzi pubblici in situazioni sempre più inaccettabili. Eppure, da queste criticità si dovrebbe partire per rilanciare l’offerta di trasporto pubblico su ferro, con beneficio in termini di meno inquinamento e meno congestione nelle nostre città, ma anche di qualità della vita e ridotta spesa per le persone. La nostra regione ha, infatti, bisogno di aumentare sensibilmente il numero di passeggeri che viaggiano in treno e con i mezzi pubblici, se vuole migliorare la qualità dell’aria e ridurre le emissioni di CO2».   

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