Ambiente CO2-ndiviso

Il costo ambientale della tecnologia: la “carbon footprint” di e-mail e cellulari

#iorestoacasa con le pillole di Legambiente Perugia e Valli del Tevere

  • Stampare una mail ha un impatto sull’ambiente?
    • VERO

Quasi ciascuno di noi possiede una casella di posta elettronica. Molto spesso siamo costretti a selezionare l’informazione che riceviamo, a volte per avere un’informazione disponibile, “a portata di mano”, optiamo per stampare direttamente il documento allegato. Ma ci troviamo a volte anche a stampare il testo della mail.  Questo comporta un impatto sul nostro ambiente, poiché per poche righe di testo “sprechiamo” un foglio di carta e usiamo toner di inchiostro.

Pensa prima di

stampare

ACCORGIMENTI PRATICI: il consiglio, se proprio vogliamo disporre di un supporto “materiale” come promemoria, è quello di impiegare carta riciclata. In alternativa, appuntare manualmente il testo della mail su un foglio di carta riciclata; o, meglio ancora, non stampare affatto!

  • Inviare e ricevere mail, o inviare un messaggio via social, è un gesto “a impatto zero”?
    •  FALSO

La tecnologia ha

un costo in

termini di impatto

sull’ambiente.

Questo è legato alla produzione e allo smaltimento di materiali di supporto (hardware), al costo energetico per l’alimentazione ed il funzionamento dei server, ma anche alla semplice gestione dei dati telematici. Infatti un gesto semplice, come inviare o aprire una mail, non è un atto “innocuo” in termini ecologici: genera inquinamento.

Uno studio condotto dall’Agenzia francese per l’Ambiente e la Gestione dell’Energia (ADEME) nel 2015 aveva già rivelato che inviare una mail con un allegato da 1 Megabyte emetterebbe fino a 19 grammi di CO2. Calcolando che ogni giorno si inviano mediamente circa 190 miliardi di email, il conto sarebbe il seguente: 3,6 milioni di tonnellate di CO2. Un’indagine tedesca ha allo stesso modo calcolato che una email semplice, senza allegato,  è comunque responsabile delle emissioni di 10 gr di CO2, pari alle emissioni generate da un sacchetto di plastica.

Altri esempi: l’invio di 8 mail inquina quanto un’auto che percorre 1 km; un’azienda di 100 dipendenti in un anno produce- tramite scambio di mail – 14 tonnellate di CO2, pari a 13 viaggi andata e ritorno Parigi-New York!

Ma ragionamenti analoghi possiamo farli per i messaggi che ci scambiamo con i noti strumenti social, che allo stesso modo usano internet per trasferire dati. Il motivo di tutto questo sta nel fatto che ogni invio di mail, foto o altri dati viene copiato in almeno una decina di prototipi e immagazzinato in diversi server. I 45 miliardi di server presenti in tutto il mondo rappresentano inquinamento “nascosto”. La connessione simultanea di più server, a sua volta, costituisce il “nucleo” dei cosiddetti “Data center”: sono luoghi fisici, in cui i dati vengono materialmente stipati, organizzati, archiviati e tenuti in memoria. Se ne stimano 8,6 milioni nel mondo, lavorano ininterrottamente e sono riforniti di energia elettrica. A causa dell’elevato consumo di energia, dispositivi e materiali, sono responsabili del 2% delle emissioni inquinanti nel mondo: come dire che, se Internet fosse il nome di un Paese, questo Paese sarebbe il 3° consumatore, e anche inquinatore, mondiale!

ACCORGIMENTI PRATICI: quelli che ci vengono consigliati da Marianne Wolff autrice della ricerca tedesca già citata sono sorprendentemente “attuali” e validi anche per gli altri modi di comunicare: “pensare prima di scrivere” – che potremmo tradurre anche come “pensare prima di parlare”! -, ricordare l’allegato per evitare invii multipli, evitare mail non conclusive (quelle con una domanda finale). In qualche caso, meglio una telefonata!

E i telefonini?

Anche loro

inquinano.

Secondo uno studio della Mc Master University in Canada, produrre un nuovo smartphone inquina quanto il suo utilizzo per dieci anni. Nel 2040 si stima che il sistema delle tecnologie di comunicazione potrebbe rappresentare il 14% delle emissioni totali, pari alla metà dell’intera industria dei trasporti. Stranamente, i pezzi di ricambio degli smartphone sono spesso introvabili: in soli 8 anni (2004-2012) la percentuale di dispositivi difettosi, quindi sostituiti dagli utenti, è passata dal 3,5% all’8,3%.

ACCORGIMENTI PRATICI: cambiare meno spesso il telefonino da parte degli utenti, riconversione ecologica da parte delle aziende, investendo di più sulle energie rinnovabili (Google e Facebook sembrano sulla buona strada).

FONTI: repubblica.it, corrierecomunicazioni.it, quifinanza.it, focus.it, greenme.it, esquire.com, greenstyle.it, lastampa.it

Nicola Salvadori per Circolo Legambiente Perugia e Valli del Tevere