Web: procedure informatiche e impronta ecologica

All’ ecologista  moderno capita non di rado di trovarsi in balia del dilemma amletico tra lo stampare e il non-stampare la copia cartacea di turno.

A tale dilemma , spesso , si aggiunge l’interrogativo su quale sia l’ impatto ecologico dell’ utilizzo dei nostri dispositivi elettronici , in particolare qualora il loro funzionamento derivi da sistemi di connessione a internet e da procedure telematiche.

Come ben spiegato in un nostro precedente articolo (https://www.legambienteumbria.it/ambiente-co2-ndiviso/) anche il più attento tra i consumatori deve fare i conti con un “minimo sindacale” di inquinamento legato all’ utilizzo della tecnologia; un ‘impronta ecologica derivante , in primo luogo , dalla produzione , dalla distribuzione e dallo smaltimento dei vari dispositivi , in secondo luogo , dalla energia necessaria al loro funzionamento.

Se sul primo versante , la soluzione al problema è da rinvenire in un generale abbandono dei sistemi “lineari” di produzione e consumo in favore di una forte spinta verso lo sviluppo di modelli industriali fondati sull’ economia circolare (rigenerazione e riciclo , su tutti), per quel che concerne l’ energia elettrica necessaria ad alimentare la (crescente) “domanda digitale”, la questione si pone ad un livello più circoscritto e specifico: quello , cioè , della fornitura di questa particolare “materia” prima.

Lungi dall’ essere riconducibile al singolo utente – non contemplando i dispositivi elettronici l’ uso di “generatori” a combustibile o pile – il problema si pone , dunque , a monte dei processi tecnici propri del settore ICT (Information and Communications Technology) che necessitano di un’importante quantità di energia per il funzionamento dei propri sistemi , in particolar modo per quanto riguarda i server funzionali alla creazione , al processamento e all’archiviazione dei dati. Il consumo di energia tende ad aumentare con l’ aumento della potenza di calcolo messa in gioco; non a caso , uno delle “filiere” tacciate di maggiore impatto inquinante dagli ecologisti 2.0 è quella delle criptovalute , per le cui attività di “estrazione di valore” (c.d. mining) è richiesto un immenso , costante e globalmente diffuso traffico di dati , ergo di energia elettrica.

Ciò non toglie , ovviamente , che il primato di “energivori” del web resti sempre e comunque saldamente in mano alle “cinque sorelle” dei Big Data (Google , Apple , Amazon , Facebook , Microsoft) e agli altri giganti dello dell’e-commerce e dello streaming (Alibaba , Rakuten , Baidu , Netflix , Spotify).

In questo ambito , tuttavia , è possibile cogliere spiragli di consapevolezza , in particolare da parte di Google che , nel settore (pur con un atteggiamento ondivago nei confronti delle aziende Oil&Gas) detiene il record sul piano degli investimenti in rinnovabili.

Insomma , come anticipato , la questione gira tutto intorno ai metodi di produzione , approvvigionamento e consumo dell’energia necessaria all’offerta dei vari servizi connessi ad internet. Una questione legata a doppio filo con quella della transizione energetica dalle fonti fossili alle rinnovabili; processo ampiamente in corso e che già e permette di cogliere i segni di una sempre più marcata divisione tra aziende con un approccio conservativo (c.d. business as usual) e quelle che , invece , nella crisi climatica e nelle altre pressanti questioni ecologiche globali , vedono un’occasione per rimodulare i propri modelli di produzione e investimento nell’ottica dell’economia che verrà.

L’Italia non è esente da questo confronto tra differenti visioni , presentando una forte spaccatura tra multinazionali dell’energia lungimiranti (ERG ed ENEL) e quelle che , invece – proclami e greenwashing a parte – ben poco stanno facendo per uscire dal “tunnel” del fossile (v. ENI).

Nel settore energia , tuttavia , l’ esempio più interessante resta certamente quello delle cooperative energetiche e delle piccole-medie imprese impegnate , tanto sul fronte della produzione (ENOSTRA , NWG Energia) che su quello della certificazione (FORGREEN).

Su questo versante , per altro , le speranze di un proficuo sviluppo del settore sono rafforzate dal flusso economico derivante dal Green Deal europeo , che irrorerà di risorse un contesto territoriale già caratterizzato (sebbene non ancora in modo omogeneo) dalla diffusa presenza di cooperative energetiche , nonché dalla recente Direttiva (UE) n.2001 dell’11/12/2018 dalla cui attuazione potranno finalmente prendere vita , anche in Italia , le comunità energetiche.

In conclusione , sebbene lo sforzo più imponente e significativo nell’ambito della riduzione dell’impronta ecologica del settore ICT spetti necessariamente alle grandi aziende internazionali , per i cittadini e le cittadine d’Italia e d’ Europa esistono (ed esisteranno ancor più in futuro) numerosi strumenti per ridurre la propria impronta ecologica sul pianeta e divenire parte di quel cambiamento necessario per garantire benessere e prosperità a questa e alle future generazioni.

Gabriele Castagnoli per Circolo Legambiente Perugia e Valli del Tevere

FONTI:

https://consumatori.e-coop.it/rubriche/limpronta-ecologica-di-internet-anche-una-mail-pesa/

https://www.lifegate.it/persone/stile-di-vita/google-piano-investimenti-rinnovabili

https://www.ilsole24ore.com/art/energia-e-clima-aziende-e-consumatori-pronti-green-deal- ACeTjKm

https://www.forbes.com/sites/energyinnovation/2019/05/22/the-global-insurance-industrys-6- billion-existential-threat-coal-power/amp/

https://www.ilsole24ore.com/art/energia-e-clima-aziende-e-consumatori-pronti-green-deal- ACeTjKm

https://www.ilsole24ore.com/art/energia-e-clima-aziende-e-consumatori-pronti-green-deal- ACeTjK

http://www.nwgenergia.it/index.html